

Ore 15:58
Hans Herrmann le cinture le sente belle strette questa volta. Quella maledetta partenza Le Mans, finalmente si sono resi conto di che idiozia fosse. Sì, perché quando passi i quarant’anni, se ti viene voglia di correre, lo vuoi fare in macchina, di certo non a piedi. In più, di rischiare la vita per risparmiare qualche secondo in quelle fasi concitate, finendo con l’allacciartele male le cinture, non ne vale certo la pena. Sì, perché quando passi i quarant’anni, di rischiare la vita per delle idiozie del genere, ti passa la voglia. Meglio farsele stringere per bene dai meccanici: meglio tornarci, a casa.
Jacky Ickx, lui sì che li aveva messi tutti in riga l’anno prima: lui che quarant’anni non li aveva certo, ma che di brutte storie ne aveva viste e sentite tante, quando nella formula uno di un tempo non si finiva di piangere qualcuno che già dovevi rimetterti il casco e partire. Sventola la bandiera: tutti corrono, pazzi e disperati, come se la vittoria finale dipendesse dal sudore stillato su quei venti metri d’asfalto, come se la gara si corresse anche a piedi. Corrono tutti, tranne uno. Ickx prende serenamente il casco, attraversa la strada, si infila in quella tasca di acciaio che è l’abitacolo della sua GT40 Mk.I e aspetta che tutti passassero, partendo subito dopo di loro: perché si sa, la 24h la vince chi taglia il traguardo, non chi finisce per primo al primo giro. Evidentemente questo Ickx lo sapeva, eccome se lo sapeva.
Aveva corso l’anno prima Herrmann, eccome se aveva corso per raggiungere la sua Porsche 908 n. 64, ma all’ultimo giro, a soli pochi secondi dalla fine, davanti a sé c’era proprio quel dritto di un belga. Ickx aveva ragione, ed Herrmann la 24h se l’è vista soffiare dal naso per pochi metri. Era quella la volta buona, lo sapeva Herrmann, lo sapeva che probabilmente di occasioni come quelle non ne sarebbero tornate più. Era un veterano, ne aveva viste tante: era sopravvissuto agli anni ’50, alla Carrera Panamericana, alla Targa Florio, alla Mille Miglia, alla F1 degli albori. Aveva corso ovunque Herrmann, ma col passare del tempo ti rendi conto di poterti definire un sopravvissuto solo quando esci con le tue gambe dalla tua macchina nella tua ultima gara. C’avrebbe riprovato l’anno prossimo certo, ma di sicuro non si sarebbe messo a correre.
Ore 15.59
Il tempo: uno schifo. Pensi al 4.5 flat 12 che hai alle tue spalle, e poi pensi a come farai a sfrecciare sul rettilineo dell’Hunaudières a più di trecentocinquanta orari, forse sul bagnato: hai paura perché sai che non sarà semplice scamparla anche stavolta, tenerla dritta quella 917K n.23 per tutto quel tempo, ma ti viene anche da ridere. Ridi perché sei un pilota, ed essendo moderatamente pazzi ai piloti viene da ridere al pensare un’impresa tanto stupidamente affascinante. Ti viene da ridere pensando anche agli altri, a quelli che andranno ancora più forte, ancora più veloce di te, pensando a che razza di gara folle sarà.
Che la Porsche sia destinata a vincere, questo è chiaro. Tre team, sette Porsche: tre 917K del team ufficiale di John Wyere sponsorizzate Gulf e le due 917LH a coda lunga, una del team Martini, con una livrea psichedelica mai vista prima, e quella del team Porsche Salzburg, quelle sì capaci di sfiorare i quattrocento orari prima di attaccarsi disperatamente ai freni per imboccare la Mulsanne. Resta poi la nostra di 917K, sempre del team Salzburg, col veterano Herrmann assieme all’inglese Atwood a battagliare. Ma sarà difficile stavolta, troppo difficile. Senza contare che la Ferrari non starà a guardare, perché le 512 s a partire sono 11, e a guidarle non certo gli ultimi arrivati. Clay Regazzoni, Derek Bell, lui che la storia a Le Mans l’avrebbe fatta eccome, ed un tal JackyIckx, che nella classica francese si sarebbe visto ancora per tanto tempo.
Parte dietro gli altri la n.23, e con lei il veterano Herrmann. Forse non vale la pena di rischiare, ma ti rendi conto che ormai è ora di farla finita e di andare fino in fondo: sei un pilota ed è questo quello per cui vivi, vincerle tutte, dalla prima all’ultima. Per un secondo pensi a tua moglie, e finalmente ti torna la voglia di sorridere. Sorridi al pensiero di quanto gli avevi detto, di cosa gli avevi risposto quando ti chiese quando avresti smesso, quando avresti messo la parola fine a quella storia. “Quando la vincerò Le Mans”, ecco cosa gli dissi. E vuoi vedere che la vincerò questa stramaledetta gara, anche solo per mantenerla quella promessa?
Ore 16:00
Ferdinand Porsche stringe tra le mani il tricolore francese: un gesto ampio e fluido del suo vecchio polso ed ecco che si scatena l’inferno. Che sia un buon auspicio dare inizio alla gara, proprio lui, con le sue mani, lo sperava eccome. Perché dopo vent’anni sarebbe bello veder arrivare una delle sue auto per prima. Chissà, magari proprio quel vecchio di un Herrmann. Sarebbe bello…